Sin dalle origini il mistero della Trasfigurazione ha ispirato e orientato il cammino della nostra Fraternità. Tale mistero ci ha permesso innanzitutto di riscoprire il valore della vita consacrata come interiorizzazione del Battesimo, sacramento che ci rende figli di Dio e ci introduce nella Sua vita.
Sul Tabor il Padre rivela a Gesù la Sua identità di Figlio amato. Egli a Sua volta si manifesta tale ricevendo la vita che gli è donata.
Questa accoglienza si rende visibile nella gloria del Suo corpo fatto luce e come piena adesione alla volontà del Padre, nella disponibilità a percorrere fino in fondo il Suo esodo (Lc 9,31) . In questa parola è racchiuso il dinamismo perenne del cuore di Dio, l’autoespropriazione, modo d’amarsi tra Padre e Figlio, nello Spirito, modo d’amare del Padre, del Figlio e dello Spirito.
L’appello del Padre ad ascoltare il Figlio suggella per i tre discepoli, ma anche per noi, l’invito a prender parte alla Sua vita, modellando la nostra identità sulla Sua.
Il Tabor diviene così per ognuno uno squarcio di cielo sulla vita divina, a cui il Battesimo ci permette di partecipare.
Anche noi, nel sentirci chiamate, attraverso la rivelazione sul Monte, a essere figlie nel Figlio, abbiamo riscoperto il grande valore della consacrazione battesimale, che ci inserisce nel mistero del Verbo fatto uomo per conformarci alla Sua immagine: quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29).
Contemplare Cristo trasfigurato è rimanere nel mistero dell’essere figlio, è vivere nella continua ricerca della presenza divina e della comunione con la Trinità, è sviluppare un atteggiamento di fiducia senza riserve nell’amore del Padre per ciascuna e per tutte.
La chiamata ad essere figlie nel Figlio implica per noi un cammino di conversione continuo e progressivo, esigenza fondamentale della vita consacrata, come attesta, nei primi secoli del cristianesimo, la scelta radicale dei Padri del deserto.
Nel solco da essi tracciato, consegniamo la nostra umanità perché sia impregnata di divino e ciò che in noi è mortale venga assorbito dalla vita (2Cor 5,4).
Con l’impegno costante della conversione vogliamo aderire all’azione dello Spirito, affinché noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria (2Cor 3,18).
Il corpo di Gesù impregnato di cielo manifesta e invera l’unione tra l’umano e il divino, aprendo l’orizzonte del tempo presente sull’eternità.
La contemplazione del mistero della Trasfigurazione ci sostiene costantemente nella tensione ad avvolgere nell’amore le cose, i gesti, le relazioni, in sinergia con l’azione dello Spirito, Colui che trasfigurando la realtà la rende eterna.
La Trasfigurazione si carica così per noi di una forte valenza escatologica: nel contemplare che cosa saremo, a che cosa siamo chiamate, orientiamo sempre più profondamente la nostra vita all’eternità, nell’attesa colma di speranza del tempo in cui Cristo sarà tutto in tutti (cfr. Col 3,11).
La fedeltà a questa aspirazione renderà la nostra esistenza trasparente richiamo alla bellezza della vita eterna.